Verso una società della cura?

Decrescita · lunedì, 04 mar 2024
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Una transizione da un'economia finalizzata alla produzione e alla crescita, a un’economia finalizzata alla sostenibilità e al benessere necessita un processo di trasformazione che metta al centro la dimensione della Cura. In questo contesto, la cura è da intendersi come l'insieme delle pratiche e delle risorse che provvedono le condizioni politiche, sociali, materiali, relazionali ed emotive indispensabili per una vita sicura, prospera e significativa sul pianeta, assieme al pianeta. La Cura e il lavoro necessario a sostenerla sono in una profonda crisi generata da un continuo processo di svalutazione, invisibilizzazione, individualizzazione e mercificazione che ne hanno fatto terreno di sfruttamento i cui effetti negativi ricadono sulle spalle di soggettività marginalizzate, come donne, persone razzializzate e lavoratori delle classi più povere. La recente pandemia da Covid ha smascherato ed esacerbato la profondità di questa crisi strutturale, peggiorando in maniera diffusa e rapida i livelli di salute, benessere e sicurezza. Realizzare una società della cura e' dunque un obiettivo centrale della decrescita, in quanto risponde alle molteplici crisi che stiamo vivendo. Come affermato nel “Manifesto per la Società della cura”, il modello economico-sociale va ripensato intorno alla riproduzione sociale, intesa come tutte le attività e le istituzioni necessarie per garantire la vita, nella sua piena dignità.

Una rivalutazione dell’importanza della cura per il benessere di noi stessi, della famiglia, della comunità e del territorio di appartenenza, porterebbe le persone a dedicare meno tempo alla sfera economica e a lavorare meno. Avere meno ore di lavoro per persona, faciliterebbe la condivisione del lavoro, diminuendo la disoccupazione. Questo non solo avrebbe risvolti positivi a livello sociale, ma diminuirebbe in modo sostanziale le attività inquinanti e ad alto uso di risorse, rispondendo quindi anche alla crisi ecologica. In una società della cura verrebbe meno la rigida divisione tra lavoro retribuito, considerato come produttivo, e lavoro non retribuito, considerato improduttivo. Tutti sarebbero impegnati in attività riproduttive, di autoproduzione e mutuo scambio, organizzate in modo collettivo: questo garantirebbe le infrastrutture e i servizi di cui tutti hanno bisogno, e ridurrebbe la dipendenza degli individui dall’ occupazione retribuita. E porterebbe inoltre alla riduzione sostanziale di consumi superflui e dannosi, garantendo allo stesso tempo a tutti i beni necessari per vivere.

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