Petrolio [pe·ˈtrɔ:·lio] s.m (pl. -li) ̴ il lato oscuro delle politiche energetiche.

Decrescita · giovedì, 18 apr 2024
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Le promesse di crescita economica implicite nell' ideologia dello sviluppo che è stata imposta culturalmente all Africa negli anni Sessanta e Settanta con la benedizione del Fondo Monetario Internazionale erano azioni di estrattivismo e rapina a vantaggio di multinazionali del Nord Globale come ENI: sviluppo voleva dire rapina perché i frutti dello sviluppo non erano destinati a paesi come il Mozambico che invece giocavano e giocano il ruolo di fornitori di materie prime a basso costo, in questo caso di petrolio.

Questo processo prosegue ancora oggi con ENI e con il governo Meloni che mantiene con il Mozambico un rapporto degno del peggior colonialismo. Si tratta invece di fermare modelli coloniali inaccettabili e di operare forme di restituzione per decenni di sfruttamento liberando le popolazioni locali perché possano usufruire dei loro beni comuni per il soddisfacimento dei loro bisogni.

(Condividiamo qui sotto un articolo di John Gussoni, pubblicato da Echoraffiche il 18 aprile)

Nell’ultimo romanzo postumo di Pasolini, “Petrolio”, il protagonista Carlo è un funzionario dell’Ente Nazionale Idrocarburi (ENI) dalla personalità scissa: da un lato la sua integerrima maschera pubblica; dall’altro la sua vera natura viziosa e immorale. Grande satira del nostro tempo il libro è oggetto ancora oggi di numerose teorie per via del famigerato capitolo 21 (“Lampi sull’ENI”), del quale ci è rimasto solo il titolo per via dell’assassinio dell’autore nel 1975; capitolo che per alcuni sarebbe stato fatto sparire proprio a causa delle rivelazioni che conteneva sul colosso energetico italiano.

Ma parlare della “doppia faccia” di queste multinazionali, anche se molto del loro torbido è stato già portato alla luce, è importantissimo ancora oggi per riuscire a cogliere il loro peso a livello politico, economico e sociale.

Ecco quindi il nostro “Petrolio”: una serie di vicende che coinvolgono i colossi dell’energia (in particolare quelli collegati all’Italia) in tutto il mondo, ordinate numericamente, come all’interno di un dizionario, per creare una costellazione di significati.

Significati che, uniti insieme, cercheranno di ricostruire alcuni aspetti del lato oscuro dei colossi dell’energia.

Un lato nero: nero come il petrolio; nero come il sangue.

Mozambico – Moçambique

Quello del Mozambico è un esempio emblematico delle false promesse di crescita che giustificano il saccheggio di risorse nel Sud globale, a scapito delle persone e dell’ambiente.

[copertina a cura di Arianna Maggioni]

Ex colonia portoghese dal XVI secolo fino al 1975, il Mozambico ha vissuto dopo l’indipendenza una una guerra civile tra il nuovo governo e un gruppo armato supportato principalmente dal Sudafrica e dalla Rhodesia. Dopo la firma della pace nel 1992, il paese ha vissuto un periodo di crescita economica, grazie però ad un sistema basato sull’estrazione di materie prime che non ha portato ad uno sviluppo economico vero e proprio.

La scoperta

Nel 2010, vengono scoperte vaste riserve di gas naturale nella provincia di Cabo Delgado, nel nord del Mozambico. Una possibile manna dal cielo per la regione più povera di uno tra i paesi più poveri del continente africano. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha da subito previsto introiti sostanziosi e tassi di crescita del PIL a doppia cifra per gli anni ‘20 (dal 39% nel 2021 al 15% nel 2027-28). L’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) stimava la creazione di circa 700’000 posti di lavoro entro il 2035 e l’entrata di circa 39 miliardi di dollari nell’economia nazionale nel ventennio a seguire. Ciò avrebbe portato il Mozambico a diventare uno dei paesi più sviluppati e ricchi del continente africano.

Il paese però non disponeva delle infrastrutture e delle risorse necessarie per avviare queste grandi opere, per cui grandi creditori sia multilaterali (FMI e Banca Mondiale) sia privati sono arrivati in supporto assieme alle multinazionali del fossile.

[Giacimenti di gas naturale; Total]

La resource curse

Molti paesi del continente africano storicamente hanno sofferto della resource curse, la maledizione delle risorse: nonostante la grande disponibilità di materie prime, i paesi non riescono a sviluppare i loro altri settori economici. Nel caso del Mozambico però viene proposta la definizione di presource curse, causata non dalla disponibilità effettiva di materie prime, ma dalla semplice previsione di essa.
Infatti nel biennio 2013-2014 erano stati elargiti dei prestiti al Mozambico, i Tuna Bonds, per l’ampliamento delle flotte per la pesca del tonno, per un totale di 2.2 miliardi di dollari, da Credit Suisse e VTB Bank. Gli introiti dall’estrazione del gas avrebbero permesso al paese di ripagare i debiti; non avendo però avuto l’approvazione del parlamento, che anzi era all’oscuro di tutto e l’ha scoperto a posteriori, il prestito è illegale. Nonostante ciò, il governo ha già ripagato parte dei debiti, e dovrà continuare a farlo, per la natura dei contratti siglati che permetterebbero di aggirare le leggi mozambicane. Nel frattempo lo scandalo ha portato al blocco da parte degli aiuti del FMI e dei paesi donatori, portando il paese sull’orlo del default. Oltre al danno poi, la beffa: il progetto non è mai stato portato a termine.

Le compagnie sul campo

Tra le varie multinazionali possiamo citare Total, Exxon, ed Eni. Quest’ultima dispone di una piattaforma marittima, un vantaggio rispetto a Total che aveva temporaneamente sospeso le attività tra il 2021 e il 2023 a causa di un’insurrezione locale tutt’ora in corso guidata dal gruppo Al-Shabaab (“Giovani”, gruppo jihadista salafita, da non confondere con l’omonima organizzazione somala). Gli insorti fanno leva sia sul fatto che la zona sia la più povera del paese, sia sulle aspettative di crescita economica deluse dai fatti. Nelle ultime settimane gli scontri sarebbero ripresi, ma ciò non farebbe desistere Eni - anzi, l’idea è quella di ampliare gli investimenti.

[Impianti delle principali compagnie petrolifere e localizzazione degli attacchi di Al-shabaab; Urgevald]

Al momento, Eni lavora dal 2016 su un giacimento nel bacino di Rovuma, chiamato “Coral South” e ha in cantiere l’apertura di un altro giacimento per giugno 2024 e la costruzione di un centro logistico a Pemba. Stimato possa contenere circa 500 miliardi di m3 di gas, sarebbe un’ottima fonte di approvvigionamento per il nostro paese, soprattutto dopo i tagli delle forniture di gas russo. Ma in realtà, stando agli accordi stipulati nel 2016, il gas prodotto da Coral South viene comprato da British Petroleum (BP), che lo rivende sul mercato al miglior offerente; dal novembre 2022, data della partenza del primo carico, a oggi ne sarebbe arrivato in Italia soltanto il 3,3% del totale.

[La piattaforma Coral South; Eni]

Gli investitori

Tra gli investitori troviamo SACE e Unicredit. SACE nel tra il 2016 e 2022 ha emesso garanzie per la realizzazione di progetti nel fossile per circa 15,1 miliardi di euro; la garanzia su Coral South è di 700 milioni; è garante anche per Saipem, che collabora al progetto Mozambique LNG di Total.
Sia Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) che SACE avrebbero confermato la rischiosità di questo tipo di investimenti nella loro valutazione per le garanzie, parlando di «potenziali impatti ambientali per la biodiversità e per i rischi di inquinamento marino» e dei rischi legati a «diversi atti di violenza di gruppi armati». Queste dichiarazioni sono a noi accessibili oggi soltanto grazie ad una lunga battaglia legale intrapresa da Recommon per poter accedere agli atti.

Unicredit ha finanziato Eni con 54 miliardi di dollari dal 2016 al 2021, nonostante l’accordo di Parigi sul clima; a questi si aggiungerebbero 237 milioni di azioni nella società. Sia Unicredit che Intesa San Paolo avrebbero poi finanziato direttamente Coral South rispettivamente con 160 e 110 milioni di dollari.

[Principali investitori nel fossile in Cabo Delgado; Gastivists]

Promesse tradite

La popolazione locale non ha goduto minimamente dei benefici previsti, anzi: l’ONU ha inserito il paese nelle ultime dieci posizioni per indice dello sviluppo umano. La crisi umanitaria conseguente ai conflitti avrebbe portato a sfollare circa 800’000 persone, corrispondenti al 3% della popolazione, e causare circa 4500 vittime secondo il think tank ECCO. Le compensazioni sarebbero state spesso evase dalle multinazionali o non corrispondenti alle aspettative della popolazione locale.

Ricordiamo inoltre che il Mozambico nell’ultimo decennio è stato sferzato da diversi cicloni che hanno devastato il paese, in particolare Ida e Kenneth, che hanno causato almeno 45 morti, distrutto 45’000 case e 55’000 ettari di coltivazioni, e sfollato 374’000 persone (Dati ONU, 2019). In un contesto simile la pandemia di CoViD-19 non ha fatto altro che aggravare la già fragile situazione socio-economica del paese.

Nonostante queste premesse, sia su iniziativa di una classe politica incompetente e corrotta, sia su suggerimento di consiglieri fraudolenti, il paese si è avventurato in questa pericolosa impresa.

Le previsioni iniziali di crescita economica erano infatti estremamente ottimistiche, e consideravano l’ipotesi di un prezzo della materia prima costante, se non in aumento lineare, quando questo tipo di beni è noto per presentare un’estrema volatilità dei prezzi. Inoltre in un mondo che cerca di svincolarsi sempre più dai combustibili fossili è naturale aspettarsi una riduzione della domanda, e quindi un calo del prezzo.
Tutto ciò porta a rinforzare la trappola del debito finanziario, che porta ad un circolo vizioso di indebitamento a scapito di investimenti in politiche sociali e ambientali. Lo stato sarebbe finanziariamente esposto per 29 miliardi di dollari, equivalenti a 10 anni di spese sociali, sanitarie e per l’educazione.

[Mozambico, l'incontro tra la presidente del consiglio Meloni e il presidente del Mozambico Filipe Nyusi; Ansa]

Nel novembre scorso, la presidente del consiglio Giorgia Meloni si è recata in Mozambico per una visita ufficiale anche in prospettiva di lancio del Piano Mattei. Pochi mesi prima Rosario Ferrante, che vanta un’esperienza decennale in Eni, era stato nominato responsabile e delegato di Fratelli d’Italia per l’Angola e il Mozambico. Bisogna vedere se il Piano Mattei sarà veramente una collaborazione tra pari o l’ennesima occasione per depredare il continente africano e aggravare la tragedia economico-sociale che sta vivendo il Mozambico.


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