Parlare di post-crescita o di decrescita genera spesso reazioni negative. D’altronde, un’economia che decresce è associata a fasi di recessioni e peggioramento della qualità della vita. In modo speculare, la crescita economica è studiata e raccontata come panacea di tutti i mali sociali. La crescita sembra l’arma con cui combattere la povertà, le disuguaglianze, la riduzione della natalità, la disparità di genere e perché no, se la crescita è verde, anche la crisi climatica.
Tuttavia, queste associazioni di crescita con progresso e di decrescita con recessione nascondono qualcosa di sbagliato, come da anni molta ricerca scientifica sta mostrando . In Italia, infatti, mentre il PIL è cresciuto dal 1994 a oggi del 74%, gli indicatori di benessere e felicità della popolazione sono rimasti invariati1.
Come ci insegna il paradosso di Easterlin2, oltre un certo livello di reddito, la crescita economica non genera un aumento della felicità. Questo perché la crescita del PIL, mentre risponde ad alcuni bisogni, ne trascura altri, fondamentali, come il bisogno di livello sufficiente di tempo libero e di riposo e il bisogno di godere di un ambiente salubre ed di ecosistemi in salute. Inoltre, la crescita economica degli ultimi decenni ha contribuito ad un notevole aumento delle disuguaglianze, che è un altro fattore che contribuisce ad un peggioramento del benessere e della qualità della vita in una società.
Mentre la retorica della politica e dei media rafforza l’idea della relazione causale tra la crescita del PIL e la felicità dei cittadini, la proposta della post-crescita offre una visione alternativa, che tiene conto dei risultati offerti dalla ricerca sociale ed economica. Quest’ultima ci dice che non è tanto una crescita economica incondizionata che genera un miglioramento degli stili di vita. Questo miglioramento è piuttosto il risultato di una serie di politiche che mirano ad una riduzione delle disuguaglianze sociali, all’espansione dell’offerta pubblica di servizi sociali e all’aumento del tempo libero.
Così come crescita non significa progresso e miglioramento, decrescita non significa regresso e peggioramento. Come potete leggere più a fondo qui, la decrescita è definita come la riduzione pianificata del consumo di risorse ed energia che mira a riportare l’economia in uno stato di equilibrio con gli ecosistemi e al tempo stesso cerca di ridurre le disuguaglianze e aumentare il benessere3. Questa trasformazione verso una società giusta ed ecologicamente sostenibile consiste nella riduzione della dimensione delle economie nazionali che si rende necessaria per poter rientrare nei limiti ecologici imposti dalla biosfera a livello globale.
Le proposte della decrescita e post-crescita non hanno l’obiettivo primario di ridurre il PIL, ma quello di ridurre il quantitativo (throughput) di energia e materie prime che attraversano le nostre economie.
A differenza di quanto prova ad affermare il paradigma della crescita verde, più volte smentito, la riduzione assoluta del quantitativo di materie prime utilizzate non si può ottenere a livello globale tramite la smaterializzazione dei processi produttivi e l’espansione dell’economia di servizi immateriali. Quello che è invece necessario è una revisione strutturale dei nostri sistemi di approvvigionamento delle risorse, con l’obiettivo di operare rispettando l’equilibrio dei processi biogeochimici del nostro pianeta.
Inoltre, il processo di post-crescita non richiede un ridimensionamento di qualsiasi settore: è un processo selettivo, che prevede la riduzione della produzione dei beni e servizi ambientalmente dannosi, e l’espansione di quelle attività dedicate alla cura della salute umana e degli ecosistemi.
Evitando ingenuità, bisogna dire che senza dubbio una riduzione della produzione di beni e servizi all’interno di un sistema il cui equilibrio è strutturalmente fondato su una costante crescita economica è fonte di destabilizzazione. Per questo motivo, la trasformazione socio-ecologica di cui, in questa conferenza si parla, è una trasformazione sistemica, che prevede il cambiamento radicale del funzionamento del nostro sistema socioeconomico, al fine di accantonare l’idea che l’aumento acritico del PIL e delle nostre economie sia l’unico e il principale indicatore del progresso sociale.
1 - Come mostrato dalla ricerca di Mirko Armiento
2 - Si veda The Easterlin Paradox
3 - Si veda Hickel, 2021
La registrazione è necessaria solo per chi vuole partecipare di persona, l'accesso allo streaming dell'evento è libero.
Compila il modulo per assicurarti un posto in questo importante incontro. La tua partecipazione rappresenta un passo verso la trasformazione. Non perdere l’opportunità di essere parte di questo evento cruciale, dove ogni voce conta nel plasmare il futuro.