Il lavoro è una parte fondamentale delle nostre vite: scandisce il tempo di ogni persona ed è un elemento fondamentale per definire la nostra identità personale. Il lavoro ha anche un impatto ecologico perché comporta l’utilizzo di consistenti flussi di materia ed energia per la produzione. Riflettere sul modo in cui si lavorerà nel futuro è fondamentale per dare forma concreta alla trasformazione socio-ecologica. Non è possibile immaginare una soluzione alla crisi ecologica senza una trasformazione sociale: se è necessario cambiare il modo in cui possiamo soddisfare i nostri bisogni, perché l’attuale sistema capitalistico è estrattivista, predatorio e sta distruggendo la biosfera, allora bisogna ripensare a come organizziamo la produzione e, concretamente, a come lavoriamo.
Le ragioni per lavorare meno sono molteplici. Ad oggi, le disuguaglianze in termini di distribuzione delle ore di lavoro sono enormi: lavorare meno può essere una soluzione per lavorare tutti. Inoltre, togliere tempo al lavoro salariato inserito nell’economia di mercato significa liberare ore che si rendono disponibili per mansioni non retribuite, attenuando il gap di genere che porta a far sì che - come accade ancora oggi - le attività di cura siano quasi unicamente svolte dalle donne. Si libererebbe anche tempo da dedicare all’autoproduzione, permettendo la nascita di comunità slegate dalle filiere globali, e liberando tempo per attività di svago e di piacere, fondamentali per il benessere di ogni persona. Infine, ridurre il tempo di lavoro va di pari passo con la riduzione dell’impatto ambientale perché implica una compressione della produzione e quindi della materia utilizzata e prodotta.
Nel suo ultimo libro, Lavorare meno, lavorare diversamente o non lavorare affatto Serge Latouche propone tre vie da seguire per raggiungere questi benefici:
rilocalizzare le attività utili come la produzione agricola, sviluppando quella biologica e locale.
riconvertire le attività parassitarie, come la pubblicità che crea bisogni inutili, e nocive, come l’industria delle armi o l’agricoltura industriale.
ridurre il tempo di lavoro in modo programmato.
Se le decrescita auspica l’abolizione del lavoro come obiettivo ultimo, la scomparsa dal lavoro, che sarebbe conseguenza della quarta rivoluzione tecnologica in atto, è invece un mito e non una liberazione per i lavoratori: lo smart-working, le innovazioni di Airbnb e Uber non portano ad altro che alla “completa sottomissione agli algoritmi” e costituiscono un mezzo che il capitalismo usa per perpetuare se stesso e “rafforzare il proprio dominio sui lavoratori”. Non è pensabile tenere assieme capitalismo, socialismo e ecologia, cioè salvare il pianeta e raggiungere l’uguaglianza all’interno dello stesso paradigma che ha creato distruzione e disuguaglianza.
La riflessione sul lavoro si inserisce nel dibattito sulla demercificazione del quotidiano: oggi nessun aspetto della nostra vita esiste al di fuori dell’economia capitalista e l’obbligo di avere un lavoro salariato per poter vivere dignitosamente ne è un esempio. Per Latouche, invece, la decrescita consiste nel cambiare radicalmente paradigma e “uscire dall’economia moderna”, abbandonando la religione della crescita. Ridurre il tempo speso lavorando in cambio di denaro significa comprimere l’economia capitalista e liberare spazio per attività vitali e arricchenti al di fuori dell’economia. “Lavorare meno” è una proposta concreta per costruire un’idea diversa di lavoro e per ripensare il modo con cui poter soddisfare i nostri bisogni nella società.
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