Intervista con Laura Pipolo

Decrescita · lunedì, 06 mag 2024
Condividi

Di Carlotta Paglia

Pubblichiamo qui sotto un’intervista con Laura Pipolo, campaigner, community organiser e project manager che si dedica alle intersezioni tra decolonialità, lotte indigene e giustizia sociale, ambientale e climatica. Ha partecipato come relatrice al primo panel della seconda giornata, raccontando la sua esperienza nel battersi al fianco dei popoli Indigeni contro estrattivismo e colonialismo verde, e discutendo dei problemi legati al greenwashing e al conservazionismo. Abbiamo parlato con lei dell’importanza di decolonizzare l’immaginario, le pratiche quotidiane, e se stessi, come prerogativa per la realizzazione di una transizione socio-ecologica.


Ci fai una breve presentazione di chi sei e cosa fai?

Sono Laura Pipolo, mi occupo di de-colonialità, soprattutto dal punto di vista della conservazione dei popoli indigeni e delle loro esistenze, e la conservazione ambientale.

Qual e’ secondo te la prima cosa da fare per andare oltre la crescita?

Prima di tutto, riconoscere quali sono le problematiche della crescita, chi sono i responsabili, le pratiche e soprattutto i paradigmi da abbandonare. Ovvero, riconoscere la colonialità, riconoscere un paradigma di sfruttamento, che ‘e il paradigma della crescita infinita, lo sfruttamento delle persone, dei corpi, di parti del mondo, dei territori… e di alcune parti dell'umanità che vengono categorizzate… Quindi non solo il riconoscimento di questo paradigma, ma appunto trovare intersezioni nelle pratiche che si oppongono a questo sistema. Quindi dato che c’e’ un’intersezione delle cause e delle problematiche, ci dev'essere secondo me un’intersezione delle resistenze e dell’opposizione.

Credi ci sia una via politica o istituzionale per fare cio’, e se la risposta e’ no, perche’ credi non sia percorribile?

Allora, sicuramente non credo ci sia una strada politico-istituzionale che porti alla decrescita, vedo piu’ un cambiamento culturale, che parta dal basso, grassroot, e radicato e non solo radicato, ma soprattutto radicale, che obblighi il sistema politico al cambiamento. Perciò non vedo il sistema politico-istituzionale come driver del cambiamento, quanto, diciamo, un effetto obbligatorio, per poter sopravvivere in un mondo in cui non vi ‘e la crescita, non vi ‘e la colonialità in generale. Qual 'è l'alternativa al sistema politico? Dal basso.

Se dovessi identificare delle vie o delle strategie per attuare questo cambiamento, quale pensi che sia, e qual è concretamente nella tua vita di attivista questa strategia?

Allora, non sono fan della lista delle possibilita’ perchè non credo in delle soluzioni o in delle pratiche che automaticamente cambino il sistema. Sicuramente il cambiamento deve essere sistemico, quindi non deve essere solo una pratica ad esempio femminista, o ambientalista, me dev’ esserci un riconoscimento che esistono delle intersezioni fra tutte queste problematiche e questi sistemi di oppressione, e quindi l’opposizione deve essere sistemica. Quali sono le pratiche per facilitare questo? Io vedo in dei processi decoloniali già esistenti la prova dell’esistenza di una possibilità oltre il capitalismo. Per esempio, i popoli indigeni non avevano prima del processo di colonizzazione il concetto del gender all’interno delle proprie cosmologie, come non avevano l’idea di sfruttamento della natura, ma era un rapporto simbiotico. Quindi, rivedere in questa indigenizzazione, che però non ci appartengono e quindi da parte nostra si parla di processi decoloniali, la possibilità, l'alternativa… E quindi conoscerle, per poi, non copiarle, ma ispirarsi ad esse, direi.

Come puo’ essere praticabile questa visione nel nord globale?

Allora, parliamo di decolonizzazione pratica, oggi c’e’ stata una domanda di una persona spagnola che si ‘e scusata per il proprio accento spagnoleggiante nel parlare italiano. E due su tre abbiamo sottolineato che anche questo fa parte del processo decoloniale… auto-decolonizzare per riconoscere che avere un accento non e’ problematico, anzi dovremmo andarne fieri. Stessa cosa per quanto riguarda decolonizzare dal punto di vista del lavoro: instaurare rapporti lavorativi che siano basati sulla cooperazione piuttosto che sulla competizione, o dei rapporti di leadership che sono di mutuo aiuto e non sono di scalare la scala del successo a discapito degli altri. O la visione per cui chi è in una posizione “superiore” a noi a livello lavorativo sia superiore, e chi è in una posizione “inferiore” sia inferiore, o che esistano dei lavori meno importanti di altri, o che abbiano caratteristiche negative. Se non ci fossero persone che si occupano della cura della strada, chi ha la macchina per poter andare al lavoro, il CEO della finanza, non potrebbe. C’è stato un periodo a New York in cui le persone che si occupano della pulizia delle strade hanno protestato, smettendo di fare il loro mestiere, il sistema è completamente crollato e in una settimana tutte le richieste dei sindacati sono state accettate. Anche lì, dobbiamo decolonizzare il concetto che il valore economico equivale al valore etico-morale di un essere umano… Io dico sempre, prima di decolonizzare la conservazione dobbiamo decolonizzare noi stessi, ed è la stessa cosa anche per il sistema capitalista. Se io continuo ad utilizzare una prospettiva nelle mie pratiche quotidiane per cui il lavoro di cura in casa è delegato, è subordinato, è visto in senso negativo, non posso portare avanti un processo decoloniale in altri ambiti. Quindi in realtà le pratiche in sé sono tantissime, sono infinite e sono ovunque… portarle avanti, scoprirle etc è un altro discorso, soprattutto si costruiscono secondo me, non è che si scoprono, che qualcuno arriva e te le propone…

Per concludere, rispetto all’evento di oggi, cosa speri/pensi che possa accadere dopo?

Allora, sicuramente per quanto mi riguarda io sono a questo evento perché ad altri eventi abbiamo riconosciuto lotte comuni, obiettivi comuni, o obiettivi comuni IN lotte comuni, e non sono solo alleanze strumentali per raggiungere l’obiettivo, ma sono alleanze che io chiamo di xeno famiglia, cioè per creare una comunità tramite una solidarietà decoloniale, quindi non e’ data da un “io ottengo qualcosa da questo rapporto”, non e’ un network lavorativo, ma ‘e un sentirsi insieme e lavorare insieme per raggiungere degli obiettivi insieme. Perché mi chiedo, se e’ successo che io sono qui per questo, spero possa succedere anche per tutte le altre persone che sono qui a questo incontro di lotte. Perché appunto, come dicevo prima, l'unico modo per affrontare problemi che sono intersezionali e che colpiscono ogni ambito da sempre della nostra resistenza, credo che sia solo nella lotta complessiva, collettiva, e che sia realmente decoloniale, una solidarietà internazionale di riconoscenza di quelli che stamattina si sono chiamati iI sud del mondo, i tanti sud, e’ fondamentale… E come si costruisce lo inventiamo qua!


Precedente
Decrescita, Giustizia Climatica e Giustizia Ambientale
Successivo
Intervista con John Gussoni

Registrati alla conferenza

La registrazione è necessaria solo per chi vuole partecipare di persona, l'accesso allo streaming dell'evento è libero.

Compila il modulo per assicurarti un posto in questo importante incontro. La tua partecipazione rappresenta un passo verso la trasformazione. Non perdere l’opportunità di essere parte di questo evento cruciale, dove ogni voce conta nel plasmare il futuro.

Nota: Se hai già effettuato l'iscrizione in precedenza, questa operazione non ti disiscriverà automaticamente. Per disiscriverti, potrai utilizzare il link fornito nelle email che ricevi.
Grazie per averci contattato! Ti risponderemo al più presto.
Grazie, la tua iscrizione è andata a buon fine!
Logo Beyond Growth Conference Italia 2024
Ti aspettiamo a Roma il
19 e 20 Aprile 2024
Beyond Growth Conference Italia · Some rights reserved.