Il dibattito di Maastricht: qualche spazio per la decrescita nelle politiche europee?

Decrescita · lunedì, 20 mag 2024
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di Ilaria De March

Lo scorso 29 aprile l* esponenti dei principali partiti europei in corsa per le prossime elezioni si sono confrontati in un dibattito concentrato sui loro programmi elettorali, in particolare sulle loro posizioni riguardo a tre ambiti principali: ambiente, politica estera e sicurezza, democrazia.

I candidati sono Maylis Rossberg per l’Alleanza Libera Europea, Bas Eickhout per i Verdi Europei, Anders Vistisen per Identità and Democrazia, Ursula von der Leyen per il Partito Popolare Europeo, Nicolas Schmit per i socialisti europei, Marie Zimmerman per l’Alleanza dei Liberali e Democratici per, Walter Baier per la Sinistra Europea e Valeriu Ghiletchi per il Movimento Politico Cristiano Europeo.

Già a partire dalle dichiarazioni iniziali è stato possibile inquadrare il posizionamento di ogni partito sui temi più caldi della politica europea e l’ambito dove intendono concentrare i maggiori sforzi, a partire dalla difesa della sovranità per quanto riguarda il gruppo di estrema destra Identità e Democrazia (di cui fa parte l’italiana Lega), passando attraverso la difesa della competitività per il partito di Von der Leyen fino alla questione del diritto alla casa per la Sinistra Europea.

Il dibattito è iniziato con una votazione, da parte del pubblico in sala, del candidato preferito, che è risultato Bas Eickhout dei Verdi. Il confronto è entrato poi nel vivo con la seguente domanda: da dove cominceresti per intensificare gli sforzi per rispettare gli obiettivi climatici?

Alcune delle risposte sono risultate a dir poco vaghe, come quella del rappresentante del Movimento Cristiano, che ha sostenuto l’importanza di pensare alle politiche climatiche senza danneggiare le persone, o quella di Zimmerman dei Liberali e Democratici, che ha espresso la necessità di tutelare i contadini, senza specificare come o entrare più nel merito della questione.

Anche Baier della Sinistra Europea non ha dato molto spazio alla questione ambientale, concentrandosi più sulla questione abitativa, e entrando in un confronto più acceso sul tema della pace. Tuttavia, ha messo in luce la necessità di trovare finanziamenti di gran lunga maggiori a quelli attuali per finanziare la transizione, lamentandosi dell’inazione dell’attuale Commissione a riguardo. Per la Sinistra, i finanziamenti si possono facilmente trovare in un modo: tassando i ricchi.

L* altr* rappresentanti hanno parlato della crisi climatica per quanto riguarda le politiche del Green Deal. Il rappresentante dei Socialisti ha sottolineato la necessità di non rallentare rispetto all’implementazione del Green Deal: per i Socialisti è necessario investire in tecnologie verdi, impedire che le emissioni aumentino, e rispettare gli attuali obiettivi del Deal. Inoltre, egli ha sottolineato la necessità di rendere le politiche climatiche giuste ed eque. Ha poi affrontato il tema delle proteste degli agricoltori, interpretando le loro azioni di protesta non come una loro contrarietà rispetto alle politiche ambientali, ma come l’espressione di un disagio, della sensazione di non essere rispettati in quanto lavoratori. Per questo è importante rendere gli agricoltori attori principali nell’implementazione del Deal. Per quanto apprezzabile il focus dato alla giustizia sociale e alla partecipazione dal basso, la prospettiva di Schmit non ha affrontato la questione ambientale con particolare ambizione; egli non ha mostrato un interesse a modificare il deal e non ha offerto un’analisi strutturale del funzionamento del sistema agricolo e dei veri motivi che stanno dietro il malcontento degli agricoltori.

Maggiore ambizione e consapevolezza sono stati mostrati invece dal rappresentante dei Verdi, che ha accusato von der Leyen e la Commissione di annacquare il contenuto del Deal, sacrificando alcune delle politiche agricole previste a seguito alla protesta degli agricoltori. Per aiutare i contadini non bisogna fare dei passi indietro, è necessario invece fare delle modifiche strutturali al modello di mercato esistente in Europa, eliminando i sussidi esistenti a favore dei supermercati e delle grandi aziende dell’agribusiness. Sotto lo slogan “Choose courage, choose green” (reso in italiano “Il coraggio di osare”, Eickhout ha poi riassunto brevemente i punti del programma dei Verdi: affrontare l’emergenza climatica, l’aumento delle disuguaglianze sociali, investire nell’economia verde, ottenere i risultati delle politiche climatiche. Ha poi sottolineato l’esigenza di essere più ambiziosi e ha paragonato la transizione ad una maratona di cui il Deal rappresenta solo il punto di partenza. Ha proposto di creare un Fondo Europeo di Investimenti che sia dotato di un programma ben definito di investimenti in edilizia e trasporti pubblici e che permetta di raccogliere i fondi per la tutela della biodiversità (il 10% del budget attuale dell’Unione Europea dovrebbe essere speso, secondo i Verdi, a tutelare la biodiversità degli ecosistemi).

Rispondendo agli attacchi di Eickhout, von der Leyen ha spiegato che fondi di investimento unificati esistono già, come il Social Climate Fund o i proventi del sistema di scambio delle emissioni (ETS), tuttavia è necessario aggiungere al capitale pubblico una buona fetta di capitale privato che aiuti a investire nelle tecnologie verdi di cui l’Europa è leader mondiale, anche se questa posizione di leadership sembra essere minacciata dagli sviluppi tecnologici di Cina e USA. Per questo von der Leyen ha reiterato la proposta di creare un’unione di mercati del capitale che permetterebbe di raccogliere 470 miliardi di euro all’anno. Per il resto, la presidente della Commissione ha sottolineato che il Green Deal è un framework che contiene tutto il necessario e che esso è un elemento essenziale per far crescere la competitività economica europea, garantendo una strategia di crescita verde.

Insomma, di temi decrescentisti non ne abbiamo visto nemmeno l’ombra, ma di ignoranza o vaghezza rispetto alle politiche climatiche se n’è vista anche troppa. Il Green Deal rappresenta la fonte principale delle politiche ambientali europee, tuttavia le sue criticità, a partire dalla sua promessa di una crescita verde, che non potrà mai essere per definizione sostenibile, non sono state affrontate.

Il partito dei Verdi è l’unico che ha mostrato una conoscenza più specializzata, menzionando politiche concrete per la transizione ecologica; i Verdi hanno descritto il Deal solo come un punto di partenza, ma non hanno in nessun modo criticato i suoi obiettivi di crescita verde. Il Partito Popolare Europeo ha mostrato la sua ingenuità nel pensare che l’idrogeno risolverà i problemi energetici, e ha evitato di guardare con serietà ai problemi strutturali esistenti. La Sinistra e i Socialisti hanno criticato l’esiguo ammontare di fondi destinati all’implementazione delle politiche verdi e hanno mostrato interesse agli aspetti di giustizia sociale, rimanendo più vaghi su come affrontare con serietà la crisi climatica. Quello che volevamo vedere di più era una maggiore connessione tra le politiche sociali e quelle ambientali, due questioni che sembrano ancora appannaggio di gruppi politici provenienti da tradizioni differenti. In altre parole, rendere i Verdi più socialisti e la sinistra un po’ più verde. Infine, a seguito del grande sforzo della conferenza Beyond Growth di Bruxelles, speravamo di vedere almeno menzionate le questioni della post-crescita o decrescita, che invece sono rimaste intoccate, come fossero un tabù di cui anche l* politic* più radicali non hanno il coraggio di farsi carico.


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