Decrescita, decolonialita' ed intersezionalita'

Conferenza · venerdì, 26 apr 2024
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di Linda Luciani

Per vedere la registrazione completa clicca qui (da 1h16m fino a 3h02m)

La prima sessione della seconda giornata della conferenza Beyond Growth Italia di sabato 20 aprile 2024 ha visto protagoniste quattro relatrici che hanno offerto prospettive ed esperienze diverse sui temi di decolonialità, femminismo e cure nel Sud Globale e nei margini interni all’Italia. L'intersezione e il dialogo tra queste posizioni informano e trasformano le pratiche interne ed azioni dei movimenti sociali.

🔻 Alice dal Gobbo - Ricercatrice presso l’ Università di Trento

Ha offerto un'analisi introduttiva di come i temi della sessione siano a lungo rimasti marginali all’interno del movimento della decrescita ed evidenziando come il loro contributo sia invece fondamentale per una trasformazione socio-ecologica giusta. La necessità di decostruire l’epistemologia occidentale dominante, ben espressa nel dualismo di uomo/natura. Decostruire le sue dimensioni patriarcali, speciste, classite e la sua pretese di universalismo alla luce della crisi del capitalismo è necessario per far riemergere quei sistemi di sapere e modi di vivere indigeni da sempre subordinati e repressi, che invece possono offrire soluzioni concrete all’odierna crisi socio-ecologica.

Alice si è poi soffermata sul concetto di intersezionalità e su due fondamentali dimensioni che si possono facilmente comprendere attraverso due esempi. Il primo, un soggetto donna, razionalizzata, con un lavoro umile, subisce tre livelli di discrminazioni: di genere, razziale e di classe. Secondo, la somma di tutti questi livelli di discrimizaione contribuisce alla sua subordinazione estrema nella gerarchia socio-economica "autorizzando" un triplo processo di estrazione di diritti e forza lavoro a beneficio dell’accumulazione capitalista.

🔻 Claudia Fauzia – Fondatrice e Presidente dell'associazione Malafimmina

Ha offerto prospettive molto interessanti sul Sud Italia come sud coloniale del Settentrione ma allo stesso tempo geografia privilegiata rispetto ad altri Sud Globali. All’interno dello stesso Meridione, il concetto di “Sud nel Sud” trova luogo nelle dinamiche di sfruttamento di manodopera sui migranti del nord-africani che servono da braccianti nel settore agricolo. Claudia ha sottolineato la necessità di creare alleanze tra i Sud Globali, pur riconoscendo le differenze e i privilegi tra di essi, nel contrastare l’idea di sviluppo egemonica ed avanzare un sistema di alternative locali.


Fig. 1 Slide della presentazione di Claudia Fauzia. Strategia per superare l’epistemologia egemonica moderna.

La subordinazione del Meridione è storicamente riconoscibile nelle politiche industriali estrattiviste ad opera della Stato: industria pesante, monoculture per l'approvvigionamento nazionale e destinazione per turismo di massa nonché bacino di manodopera a basso costo per le industrie del Nord. L’ ILVA di Taranto, esempio di Zona di Sacrificio, ha illustrato il conflitto tra lavoro, ambiente e salute a cui molti altri territori del Sud sono soggetti, vedi l'industria petrolchimica di Milazzo e Siracusa.

Il colonialismo produttivo si estende a quello culturale: le persone nate nel Meridione sono state portate a dubitare dei loro valori indigeni, delle loro conoscenze e culture di fronte ai modelli egemonici di vita e di sviluppo del Nord Italia. Questo si declina anche nei dibattiti riguardo al progetto del ponte sullo Stretto di Messina; per cui gli attivisti locali che stanno cercando di resistere alla sua costruzione - non solo per motivi ambientali ma anche per sospetti di infiltrazioni mafiose - sono accusati di “arretratezza ed inciviltà”, le loro identità culturali sono spesso oggetto di biasimo da parte degli attori istituzionali che hanno interessi diretti nella realizzazione del progetto dal valore milionario. Questo modello imposto si contrappone ai bisogni reali degli abitanti del Sud che necessitano di migliorie alla rete stradale tra territori limitrofi (in particolare in Sicilia) e servizi sanitari adeguati che possano porre rimedio all’emigrazione sanitaria e lavorativa verso il Nord.

🔻Laura Pipolo - Campaigner e community organizer su temi di decolonialità e conservazione in India, Kenya, Palestina e Italia

Ha parlato dell'immaginario occidentale - anche veicolato tramite cinematografia - di natura come “vuota, separata ed esclusa" da presenze umane come costrutto per legittimarne l’appropriazione a scopi estrattivi capitalisti.

Termite video testimonianze, ha mostrato come i popoli indigeni in Kenya e India vengano brutalmente espropriati delle proprie terre, da cui traggono risorse di sussistenza, per via di efferate uccisioni, distruzione dei villaggi e divieti di caccia al fine di creazione di parchi naturali protetti, militarizzati. Dietro la creazione di questi parchi ci sono spesso associazioni come il WWF - finanziata dalle più grandi multinazionali quali Amazon e Coca-cola - che traggono profitto dal turismo dell’uomo bianco del Nord Globale e tramite concessioni estrattive ad aziende del legno e di materie prime. Il WWF funge da esempio di “finta soluzione" e tentativo di greenwashing da parte del sistema capitalistico; perpetuando le stesse dinamiche di sfruttamento e subornazione di ecosistemi e persone all’elite dominante e al suo modello di sviluppo.

La stessa narrazione di “natura svuotata” è stata avanzata delle forze occupanti in Palestina ed oggi emerge piu’ che mai per via dell’’attuale ecocidio e genocidio. Laura ci ha inoltre ricordato come dall’inizio dell’assedio di ottobre, in Palestina per via del conflitto a fuoco, le emissioni hanno pareggiato la somma annuale di 20 paesi del Sud del Mondo.

Fig.2 Slide della presentazione di Laura Pipolo. Sulla Palestina come terra di “nessuno” prima dello Stabilimento delle stato di Israele.

🔻 Chiara Braucher – Ricercatrice ed attivista sull' Estrattivismo e Decolonialità, membro di Athamanta

Ha parlato della pratica insostenibile di estrazione del marmo per l'esportazione su mercati globali nelle Alpi Apuane, in Toscana, dove negli ultimi 30 anni è stato estratto più marmo riseptto ai precedenti 2000 anni. L’estrazione del marmo nella provincia di Massa-Carrara risale all’epoca romana e oggi la rende una delle province italiane con più alto reddito medio pro capite, nonostante la disoccupazione giovanile sia equiparabile ai i livelli del Meridione. Tutto ciò rende ancora più difficile mettere in discussione l’estrazione e l’intero indotto del marmo alla luce dei danni inferti alla popolazione locale, all’ambiente e al paesaggio. Se le Alpi Apuane sono un bene comune, i profitti dell’estrazione del marmo sono riconducibili a poche aziende con utili miliardari (la cui problematica sicurezza dei lavoratori è stata recentemente oggetto di un’inchiesta di Report). L’ associazione Athamanta, tra le varie attività, organizza delle passeggiate collettive sulle montagne soggette all’estrazione per risignificare quei luoghi e restituirli all’appartenenza e cura collettiva.

Fig. Foto dalla presentazione di Chiara Braucher. Cava di Marmo sulle Alpi Apuane.

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