Di Lisa Di Giulio
La ricerca sulle determinanti sociali della salute e delle malattie si è consolidata nel corso degli ultimi decenni, fornendo uno spazio per considerare i fattori strutturali che possono generare cattiva salute, disuguaglianze sanitarie e impedire l'accesso ai servizi sanitari necessari. A Dicembre 2023 è stato pubblicato sulla rivista medica “BMJ Global Health” un nuovo studio [1] di Guddi Singh, medico pediatra a Londra con un'ampia esperienza nella salute pubblica globale, e Jason Hickel, antropologo economico e professore presso l'Istituto di scienze e tecnologie ambientali dell'Università autonoma di Barcellona, che per la prima volta hanno introdotto il concetto di “malattia capitalogenica”.
In passato la ricerca si è concentrata su concetti come la violenza strutturale, i determinanti commerciali e le cause delle malattie. Tuttavia, per quanto queste analisi siano utili, i termini come "strutture" e "commercio" sono descrizioni generiche che potrebbero beneficiare di una specificazione più dettagliata dei sistemi politici ed economici coinvolti. Questo studio si propone quindi di focalizzarsi sul capitalismo e sulle dinamiche di accumulazione del capitale, poiché questo sistema prevale in quasi tutti i paesi e organizza l'economia mondiale.
Gli autori sottolineano l’importanza di definire ciò che intendono per capitalismo. Molte persone assumono che il capitalismo sia un sistema generico di imprese, mercati e commercio. Ma queste esistevano già da migliaia di anni prima del capitalismo e hanno assunto molte forme. Il
Il capitalismo, nato nel XVI secolo, si caratterizza per essere un sistema non democratico, in cui la produzione è controllata principalmente da un'elite ricca che mira a massimizzare crescita, profitti e accumulazione, piuttosto che soddisfare bisogni umani o migliorare gli esiti sociali. Questo sistema tende a ridurre i costi del lavoro e delle risorse naturali, esternalizzando i danni sociali ed ecologici.
Questo studio parte dal bisogno di un quadro analitico utile per valutare fino a che punto queste dinamiche possano avere effetti avversi sulla salute. In esso si propone che il termine "malattia capitalogenica" possa contribuire a questo scopo. È importante far riferimento al fatto che il geografo e storico Jason Moore [2] ha utilizzato il termine "capitalogenica" per indicare che la crisi ecologica che affrontiamo attualmente non è semplicemente un fenomeno naturale o un problema causato dall'attività umana generica, ma è prodotta dal sistema capitalista di produzione e dai processi di accumulo del capitale. Il termine è diventato indispensabile per gli analisti di diverse discipline per identificare le dinamiche causali della crisi ecologica e immaginare vie d'uscita. Gli autori propongono che questo termine possa e debba essere applicato, quando appropriato, anche alle malattie e alle disuguaglianze sanitarie.
Si tratta ad esempio di malattie legate alla promozione aziendale di prodotti nocivi, come il cancro correlato al consumo di tabacco, l'AIDS aggravato dalle leggi sui brevetti, che ritardano l'accesso ai farmaci generici, e la malnutrizione causata dalla mercificazione dei sistemi alimentari. Fanno parte di questa categoria anche molti disturbi, tra cui le malattie cardiovascolari, i problemi di salute mentale e altre patologie legate allo stress, dovute alla disoccupazione, al lavoro precario, al sovraccarico di lavoro e alla mancanza di autonomia e controllo sul posto di lavoro. Questi problemi sono spesso prodotti dalla struttura del sistema economico e potrebbero essere risolti attraverso politiche pubbliche che garantiscano l'accesso universale ai servizi essenziali e la ricerca orientata ai bisogni umani. Anche gli impatti del cambiamento climatico sulla salute sono riconosciuti come una conseguenza del capitalismo, che privilegia il profitto a breve termine rispetto alla sostenibilità ambientale. Mentre gli Stati più ricchi sono in gran parte responsabili di aver causato il collasso climatico, i danni ambientali e gli effetti negativi sulla salute ricadono più duramente sulle comunità minoritarie e sul Sud globale. Si evidenziano così le disuguaglianze di salute legate a razza e genere, il cui esacerbamento è collegato alla volontà del capitale di sfruttare le minoranze.
A questo punto verrebbe da chiedersi quali potrebbero essere i rimedi. A questo riguardo Singh e Hickel affermano che “la salute umana e planetaria sarebbe meglio servita da un sistema economico postcapitalista - uno che sia più democratico, più equo e in cui la produzione sia incentrata su ciò che è necessario per i bisogni umani e il benessere, piuttosto che sull'accumulo di capitale, con salari dignitosi, mezzi di sussistenza sicuri e accesso universale a beni e servizi essenziali. In particolare, i sistemi sanitari dovrebbero essere de-commercializzati o altrimenti universalizzati, le tecnologie mediche necessarie dovrebbero essere condivise e i finanziamenti per la sanità e la ricerca sanitaria dovrebbero concentrarsi sulle aree di preoccupazione urgente delle comunità che soffrono.”
Le proiezioni delle Nazioni Unite [3] indicano che, con il trend attuale, i pesi della mortalità evitabile e delle grandi disuguaglianze sanitarie persisteranno per il resto del secolo. Questa traiettoria non è determinata, ma ingiusta e inaccettabile. Al contrario, adottando i passi definiti sopra potremmo ridurre radicalmente la mortalità evitabile e colmare il divario sanitario. Questo è il futuro che dovremmo pianificare di raggiungere. Il quadro della “malattia capitalogenica” che presentiamo qui è un invito a sviluppare ulteriormente l'analisi attraverso la ricerca e la pratica clinica, e a mobilitarsi intorno a soluzioni trasformative. Ciò richiede una lotta politica organizzata che dovrebbe essere supportata da ricercatori e professionisti sanitari.
[1] Singh G, Hickel J. Capitalogenic disease: social determinants in focus. BMJ
Global Health. 2023 Dec 1;8(12):e013661.
[2] Moore JW. The Capitalocene, part I: on the nature and origins of our ecological
crisis. J Peasant Stud 2017;44:594–630. doi:10.1080/03066150.2016.1235036
[3] World population prospects. United Nations, Department of Economic and
Social Affairs; 2022.
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